Sono ancora indeciso su cosa fare da grande. Voi ci avete già pensato?
Niente, mi vengono sempre le solite cose tipo pompiere, pilota di formula 1, cantante rock, cuoco (di successo), George Clooney, commissario Maigret, Nero Wolf.
Niente di originale, peccato. Eppure qualcosa di buono ogni tanto la combino, anzi, la combiniamo perché in questo Ciccina non è seconda a nessuno: noi sappiamo fare i blitz.
Abbiamo fatto blitz notevoli tipo toccata a Roma per provare lo sformato di cipolle del Dito e la Luna e ritorno o a Parigi per comprare les Moutardes de Maille, place de la Madeleine (potenza di lastminute).
Quest’inverno, nel più classico dei nostri blitz, siamo andati a Scansano (GR) per spratichirci un po’ con il famoso Morellino (che non è un cavallo come voi ben sapete), compiuto l’apprendistato presso “La Cantina” (Via della Botte) accompagnato da una cena che definire pantagruelica vuol dire minimizzare, e dormitoci su alquanto persuasi delle sue preclare virtù, la mattina dopo abbiamo deciso di perderci nelle campagne per ritardare, per quanto possibile, il rientro a casa ed evitare, sempre per quanto possibile, la concomitanza con i gitanti domenicali.
Non so se vi siete mai persi volontariamente nelle fratte (?) in territorio sconosciuto.
Per tranquillizzarvi vi assicuro che è più facile di quel che si creda.
Nella nostra mappa mentale avevamo un'unica certezza: il lago di Bolsena era a sud-est ed Orvieto (Autostrada A1) decisamente ad est.
Veramente avevamo anche una determinazione ferrea: scegliere le stradine di campagna.
Il portabagagli pieno di ottimo vino ci garantiva la sopravvivenza.
Sia come non sia dopo circa 5 ore e solo 80 km percorsi, in strade rurali tra campi, selve e boschi, ci siamo ritrovati con un certo languorino che ci faceva spalancare gli occhi alla ricerca dell’impossibile: Qualcosa (o qualcuno) da mangiare! Gli animi cominciano a farsi tesi, compaiono frasi del tipo, l’avevo detto io… l’armonia della sera precedente era solo un pallido ricordo dei bei tempi che furono. Cosa può la fame.
Erano le due del pomeriggio, nelle frazioni attraversate gli alimentari erano sbarrati e di ristoranti neanche l’ombra. Veniamo meno al giuramento di non guardare la carta stradale e scopriamo che, 10 km più o meno, siamo dove Lazio, Toscana e Umbria si baciano indisturbate. È probabilmente una delle zone più belle d’Italia, se amate il bucolico/agreste, ma al momento ciò non ci consola.
Stavamo discutendo se Ciccillo avrebbe preferito stare con Ciccina o me quand’ecco, ad un tratto (si, proprio come nelle favole) compare un cartello che ci informa che il Poderetto è aperto! Il Poderetto? I nostri occhi si interrogano commossi e lacrimosi, ammiccano e via, con un sorrisino stupido metto la freccia a sinistra (inutile, eravamo soli nel deserto) e vai!
Non so se vi siete mai persi volontariamente nelle fratte (?) in territorio sconosciuto.
Per tranquillizzarvi vi assicuro che è più facile di quel che si creda.
Nella nostra mappa mentale avevamo un'unica certezza: il lago di Bolsena era a sud-est ed Orvieto (Autostrada A1) decisamente ad est.
Veramente avevamo anche una determinazione ferrea: scegliere le stradine di campagna.
Il portabagagli pieno di ottimo vino ci garantiva la sopravvivenza.
Sia come non sia dopo circa 5 ore e solo 80 km percorsi, in strade rurali tra campi, selve e boschi, ci siamo ritrovati con un certo languorino che ci faceva spalancare gli occhi alla ricerca dell’impossibile: Qualcosa (o qualcuno) da mangiare! Gli animi cominciano a farsi tesi, compaiono frasi del tipo, l’avevo detto io… l’armonia della sera precedente era solo un pallido ricordo dei bei tempi che furono. Cosa può la fame.
Erano le due del pomeriggio, nelle frazioni attraversate gli alimentari erano sbarrati e di ristoranti neanche l’ombra. Veniamo meno al giuramento di non guardare la carta stradale e scopriamo che, 10 km più o meno, siamo dove Lazio, Toscana e Umbria si baciano indisturbate. È probabilmente una delle zone più belle d’Italia, se amate il bucolico/agreste, ma al momento ciò non ci consola.
Stavamo discutendo se Ciccillo avrebbe preferito stare con Ciccina o me quand’ecco, ad un tratto (si, proprio come nelle favole) compare un cartello che ci informa che il Poderetto è aperto! Il Poderetto? I nostri occhi si interrogano commossi e lacrimosi, ammiccano e via, con un sorrisino stupido metto la freccia a sinistra (inutile, eravamo soli nel deserto) e vai!
Ci accoglie una casupola in pietra con il classico filo di fumo che sale dal tetto ed uno spelacchiato albero di Natale.
Ci asciughiamo il moccio al naso ed entriamo timidi, quattro tavoli apparecchiati, un camino acceso e Totò (un bassotto tedesco, ma che si chiamava così l’avremmo saputo dopo) praticamente sdraiato dentro al camino.
Lui solleva una palpebra, fa WHUFF (l’avevo detto che è tedesco?) più o meno come se avessimo suonato il campanello all’ingresso, richiude l’occhio e riprende a dormire. Dalla cucina esce Mariagina (splendida figura di donna umbra, ma che si chiamava così l’avremmo saputo dopo) che si asciuga le mani e ci guarda interrogativa come dire: e voi che ci fate qui?
Noi: è tardi per mangiare?
Lei: e allora io che ci sto a fare?
La logica stringente della campagna.
Ci sediamo e, miti e arrendevoli come solo l’inedia che ha superato già da un pezzo la rabbia può rendere, ci affidiamo alle sue cure.
E non ce ne siamo pentiti.
Bartolomeo (il so omo, per dirla in umbro- tosco - laziale) ci accudisce e, tra un affettato misto, tagliatelle ai funghi (giura che sono di bosco), carni sapide alla brace e bolliti, ci racconta un terzo (circa) della loro vita.
Apprendiamo di migrazioni in quel di Torino, di lavori tentati e infine di questa avventura dovuta alla Mariagina perché l’è brava in cocina.
Noi parliamo poco (voi capirete perché).
Mentre sonnecchiamo (io) e giochiamo con Totò (Ciccina), in attesa di caffè e ammazzacaffè, si apre la porta ed entra rumoroso e vociante un arzillo vecchietto che, poverino, alla vista di sconosciuti azzittisce. Mariagina esce dalla cucina e lo rimbrotta come un bambino.
Bartolomeo entra con un quarto di vino (rosso) e lo serve. Non c’è bisogno di ordinare.
In poco meno di mezzora ne arrivano altri quattro (altri tre quartini e una birra), compaiono le carte napoletane. Cominciano a giocare e cominciano, in nostro onore, i racconti della campagna, che se Pasolini (buonanima) fosse ancora vivo, ci farebbe senz’altro qualcosa di grande. Sarebbe bastato trascriverli come venivano fuori.
Si parla di colture e concimi, di serpi e cinghiali, di fonti prosciugate e pozzi secchi, di espropri e strade inutili, di sovvenzioni pubbliche assegnate senza senno. Si ride ancora (loro), a distanza di dieci anni, di quel tizio che voleva coltivare il kiwi (?).
Noi continuiamo a parlare poco (voi continuerete a capire perché) ma ascoltiamo molto.
Bartolomeo e Mariagina si portano due scodelle di zuppa (mmmh, curiosità! non oso chiedere) e siedono accanto a noi.
In un baleno si fa sera (dopotutto è inverno, no?) e a malincuore ci alziamo (paghiamo cosi poco che converrebbe venire a mangiare qui ogni giorno piuttosto che fare la spesa) e salutiamo gli amici (perché si, ora sono nostri amici).
Fuori è calata la nebbia, l’aria è serena, fredda, sa di fumo, ci promette di restare così bella per qualche anno ancora.
Le crediamo, oggi crediamo a tutto.
Lei: e allora io che ci sto a fare?
La logica stringente della campagna.
Ci sediamo e, miti e arrendevoli come solo l’inedia che ha superato già da un pezzo la rabbia può rendere, ci affidiamo alle sue cure.
E non ce ne siamo pentiti.
Bartolomeo (il so omo, per dirla in umbro- tosco - laziale) ci accudisce e, tra un affettato misto, tagliatelle ai funghi (giura che sono di bosco), carni sapide alla brace e bolliti, ci racconta un terzo (circa) della loro vita.
Apprendiamo di migrazioni in quel di Torino, di lavori tentati e infine di questa avventura dovuta alla Mariagina perché l’è brava in cocina.
Noi parliamo poco (voi capirete perché).
Mentre sonnecchiamo (io) e giochiamo con Totò (Ciccina), in attesa di caffè e ammazzacaffè, si apre la porta ed entra rumoroso e vociante un arzillo vecchietto che, poverino, alla vista di sconosciuti azzittisce. Mariagina esce dalla cucina e lo rimbrotta come un bambino.
Bartolomeo entra con un quarto di vino (rosso) e lo serve. Non c’è bisogno di ordinare.
In poco meno di mezzora ne arrivano altri quattro (altri tre quartini e una birra), compaiono le carte napoletane. Cominciano a giocare e cominciano, in nostro onore, i racconti della campagna, che se Pasolini (buonanima) fosse ancora vivo, ci farebbe senz’altro qualcosa di grande. Sarebbe bastato trascriverli come venivano fuori.
Si parla di colture e concimi, di serpi e cinghiali, di fonti prosciugate e pozzi secchi, di espropri e strade inutili, di sovvenzioni pubbliche assegnate senza senno. Si ride ancora (loro), a distanza di dieci anni, di quel tizio che voleva coltivare il kiwi (?).
Noi continuiamo a parlare poco (voi continuerete a capire perché) ma ascoltiamo molto.
Bartolomeo e Mariagina si portano due scodelle di zuppa (mmmh, curiosità! non oso chiedere) e siedono accanto a noi.
In un baleno si fa sera (dopotutto è inverno, no?) e a malincuore ci alziamo (paghiamo cosi poco che converrebbe venire a mangiare qui ogni giorno piuttosto che fare la spesa) e salutiamo gli amici (perché si, ora sono nostri amici).
Fuori è calata la nebbia, l’aria è serena, fredda, sa di fumo, ci promette di restare così bella per qualche anno ancora.
Le crediamo, oggi crediamo a tutto.
Ebbene quel posto non è un sogno.
Ieri (domenica) tornando da un tour (quasi tutto lavorativo) in Romagna e Toscana (a proposito se vi capita, fate la statale SS 67 tosco-romagnola casentinese, è bellissima) ci siamo ritrovati in prossimità di Orvieto ad ora di pranzo (non è un caso, avevo calcolato tutto al millesimo).
La nostra intesa è perfetta, basta uno sguardo (ah, l’amore!), esco e prendo la direzione Viterbo Montefiascone (SS 71) e ci … perdiamo. Di nuovo.
Questa volta non lo facciamo apposta.
Giriamo per strade e stradine, niente. Consultiamo la carta stradale, niente. Semplicemente avevamo dimenticato il nome dell’osteria e di chiedere in quale paese fosse! Poi Ciccina (la mitica) ha il più classico dei lampi di genio, apre il portatile e guarda le foto del week end invernale e… paff! ecco la foto del Poderetto. Alla prima frazione chiediamo ad un autoctono deambulante (lo conosce!!!!! Buon segno, no?) ed in cinque minuti, con la lingua da fuori, siamo a casa (loro).
Il set è cambiato (fa caldo ora): esterno giorno, aiuole, tettoia malmessa e panche, Mariagina, Bartolomeo e uno dei vecchietti giocano a carte, Totò ha una piccola compagna Kya (ma che si chiama così l’abbiamo saputo dopo), un tavolo apparecchiato (giuro che aspettava noi) e almeno 4 panche ancora imballate, presagio di futuri clienti.
Lo svolgimento è simile, con piccole variazioni nelle scelte (crostini e bruschette, tagliatelle con fagiolini e pomodorini, trippa con la mentuccia, pollo alla cacciatora, torta di pere e cioccolato per un totale di 40 euro).
E anche ieri, mentre aspettiamo caffè e ammazzacaffè, cominciano ad arrivare gli altri vecchietti, cominciano le chiacchiere, giocano a carte.
E anche ieri, mentre aspettiamo caffè e ammazzacaffè, cominciano ad arrivare gli altri vecchietti, cominciano le chiacchiere, giocano a carte.
Se vi piace la campagna, se non dovete mangiare sempre cibi firmati, se vi piace fare due chiacchiere o (meglio) se vi piace ascoltare le storie degli altri, appena potete, fateci un salto.
Io, nel frattempo, schiaccio un pisolino fino al prossimo Autogrill, guida Ciccina Alcohol_free mentre io sogno cosa farò da grande.
Osteria con cucina “Il Poderetto”, loc. Poderetto, Castel Giorgio (TR).
Uscita A1 Orvieto, prendere la SS 71, direzione Montefiascone Viterbo.
Dopo circa 12 km girare a dx per la SS 74, direzione San Lorenzo nuovo.
Dopo circa 6,5 km entrare in Castel Giorgio e chiedere per via del Poderetto e dopo meno di 3 km troverete a destra la trattoria. Se vi perdete chiamate Bartolomeo al 3291373427.
Pare che se avete il Nav satellitare sia più facile. Dubito.
12 commenti:
che meraviglia...bisognerebbe abolirli i navigatori satellitari...il passa parola invece no.
p.s. se uno ha il navigatore satellitare, come fa a "perdersi" e trovare luoghi come questi???
un ciao mooooolto invidioso.
Cyb.
>^^<
arggghh..
ne conoscevo anch'io uno sullo stesso genere ma senza nemmeno le indicazioni..si sapeva col passaparola..i miei amici l'avevano ribattezzata "tu'zia" insinuando che li portassi da una mia parente, per la mancanza di insegne e la confidenza che c'era..
sigh..non ci torno da anni..
che invidiaa..
Mò
Invidiosssse! come diceva il grande ser Biss (Robin Hood di Disney).
la "sana" invidia non fa male, anzi...
perchè non raccontate la vostra trattoria preferita?
sarebbe carino.
Spesso penso, che la mia dolce metà abbia una spiccata propensione a perdere "involontariamente" la rotta e quindi poter al fine trovare queste piccole isole felici. La cosa che lo appassione di più, secondo me, è proprio questo scambio "culturale" con i "locali". Io solitamente subisco queste deviazioni, ma con il tempo ho imparato ad apprezzarle nonostante la mia innata avversione per i cambi di rotta. Bellissimo post. Glò
Cavoletti! Io, qui, mi perdo solo nella scartoffie! Ma però ... prima o poi ....
Splendido posticino, un vero gioiello! :-)
Patt
Mi avete fatto tornare in mente un circolino dove andavo coi miei più di trent'anni fa, provincia di Varese, zona lago. Si mangiava una cassoeula da sogno. Il marito cucinava e non metteva mai piede in sala, la moglie serviva ai tavoli e ogni volta che le chiedevamo il conto, ci faceva segno di aspettare, spariva in cucina, poi tornava e diceva 'diecimila'. Ogni volta diecimila. Non importava cosa mangiavi, o se magari aveva chiesto il bis, o se avevi bevuto del vino in più. Sempre diecimila. Però prima di dirtelo, andava in cucina a consultarsi col Gino. Grazie.
E adesso dove ti sei perso? Ci stai preparando un altro diario di viaggio con ristorantino delizioso?
Buon 1° Maggio! :-)
Patt
Glò concordo con la tua dolce metà (anche se ci "locali" e "locali"...);
Ciao Patt, sono momentaneamente tornato e tra poco ri_posto! (prima di ripartire, sigh)
Benvenuto caro Lorenzo, grazie del link e dacci, per favore, qualche indicazioni per la cassoeula! ti leggo sempre volentieri.
ehi ? ancora in giro per il mondo ?? :O))
Ma non torni mai?
Ma io come faccio senza te?
Io passo tutti i gironi, e vedo sempre quel post li.... e mi dico (sbuff...) ancora non torna!
E ti aspetto!
O si si .... ti aspetto! Fedelissima come una miciapallina fedelissima!
Comunque.... nell'attesa di ritrovarti (tanto torni... vero?) io ci sono andata, al Poderetto!
E gli ho portato anche la stampa del tuo post!
Il signore si è fatto anche una bela risata gioiosa!!!
Ha detto che la prossima volta che andate vi siete meritati lo sconto!
Anzi.... ADSL e rete claustrofobica permettendo... ho un paio di foto simpatiche e gustose.... e a breve verrà postato un post solo per te.... e il poderetto!
nasinasimaidomierassegnati!
TANTO TORNI
VERO?
Cara Micia, posso solo dirti: grazie!
Mi fai tornare la voglia di postare nonostante i difficili tempi.
tempi di lavoro e di famiglia.
Ma passerà grazie a persone come te.
A presto.
Tuo Eric
ciaooo ,io abito nel paese dove sta il poderetto....hanno rinnovato tutto e domani sera ci andro' a cena !!!! sono contenta che vi sia piaciuto....un saluto grande da castel giorgio
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