C’era una volta una casa, di famiglia, chiusa da tanti anni che bisognava andare a visitare, a riaprire per risolvere tanti piccoli problemi che negli anni si erano cumulati.
Quale occasione migliore di un lungo ponte?
Quale?
E via, siamo partiti Ciccina, io e il desso, con la nostra mitica Saxò (1.100 cavalli di razza) alla volta di terre lontane.
Dove siamo stati?
Premetto (voi lo saprete) che la pigrizia è il mio forte ma lo spettacolo (con rispetto parlando) era devastante.
Non so se avete mai riaperto una casa abbandonata?!
Naturalmente riscaldamento, acqua calda e gas per cucinare manco a parlarne. L’umidità maligna vi penetra nelle ossa e lo strato di polvere sui cui camminate vi arriva (giuro non esagero) alle caviglie.
Insetti morti e ragnatele vi accolgono spettrali, lenzuola e asciugamani puzzano di muffa.
Insomma ho sofferto un mancamento.
Ciccina, visto il mio scoramento, pratica e bella com’è, si è subito messa al lavoro, assicurando la sopravvivenza per la notte e spolvera, sbatti, scuoti, prendi in valigia, recupera metri quadri, butta DDT, ricava un quadrilatero di 12 mq adatto alla bisogna.
Diciamo un po’ come la storia di Davy Crockett a Fort Alamo assediato dai Messicani.
Insomma ci siamo messi di buzzo buono (si dice cosi?) al lavoro, ognuno per la propria specialità e in 48 ore la casa era abitabile (o quasi).
Ciccillo ha collaborato molto alle pulizie.
Io finalmente ho letto il libretto di istruzione della macchina fotografica (non proprio tutto) e ho fatto un po’ di esperienza.
Ma sono diventato anche un grande esperto in BBQ.
E appena ho potuto guardarmi intorno, con meraviglia ho appreso la bellezza dei luoghi. C’è pure il mare (in foto a sinistra una linguetta).
Ma non basta! Ci siamo concessi anche svago ed esplorazione.
In un blitz siamo andati ad Ascoli Piceno, una deliziosa cittadina marchigiana, alla III edizione del “Fritto misto all’italiana”. Una cittadina deliziosa ma ammantata di odore di … fritto (e cos’altro?).
Insomma una Festa dell’Unità (non so se avete presente) della zeppola e varie.
C’erano stand dell’Abruzzo (formaggio fritto), Alto Adige (krapfen ecc.), Campania (panzarotti e zeppoline), Emilia Romagna (torta fritta ecc.), Marche (da padrona, fritto all’ascolana e fritto di paranza), Piemonte (misto piemontese), Sicilia (arancine, panelle, siciliane, cuddridedda, cannoli [finiti]), Toscana (misto toscano) e “world food” India (samosa, mix pakora, gulab), Marocco (brewas dolci e salati, scebbakie), Perù (chicarron, pollo broaster ecc.), Portogallo (pasteis de bacalhau [mannaggia erano finite!], pataniscas, ecc.), Repubblica Slovacca (encian, palacinky).
Direi che lo stand siciliano era il più gettonato.
Grandi assenze il tempura giapponese (c’era una conferenza esplicativa [ma come si dice? Te la fai fritta?]), il carciofo fritto del ghetto romano (opinione personale) ed i felafel (o falafel).
C’era una … Vinea con alcuni vini regionali Piceno (rosso, notevole), toscani (buono come sempre il Chianti mentre il Sangiovese in purezza convinceva di meno [de gustibus…]), mancavano i vini chiari dell’Alto Adige che forse sui fritti si sarebbero sposati meglio, peccato.
Ma il peccato più grande era bere in bicchieri di carta.
(Una volta sono stato a Francoforte ad una fiera dei vini del Reno [veramente deliziosi], dove per bere le Aziende ti davano un bicchierino di vetro con il loro logo e tu lasciavi un deposito.
Se lo riportavi riavevi i soldi altrimenti conservavi il bicchiere ricordo.
Siamo ripartiti con 18 bicchierini. Questa è civiltà!)
Insomma lasciati gli stand abbiamo necessitato di riposo e accoglienza in un bel bar di piazza del Popolo (bellissima!) per bere una grande birra alla spina (per la cronaca una San Miguel).
La notte un bruciore di stomaco che non sto a raccontarvi.
Basta, non ho l’età per le feste dell’Unità e non ho nemmeno più lo stomaco (o il fegato?).
E dire che avevo 2-3 indirizzi di trattorie del “Gambero rozzo”!
Naturalmente il primo maggio non siamo riusciti a fare la spesa e quindi, tornati a casa, abbiamo avuto modo di iniziare una nuova sezione di questo blog: Le conseguenze dell’amore.
Cioè?
Piatti che derivano da altri piatti, insomma rimasugli, l’arte del riciclo o dello “svuota-frigo”.
Il piatto di stasera è una conseguenza (fantastica, quasi meglio dell’originale) dei famosi Spaghetti aglio e olio. Appartiene di diritto ai Falsi d’autore perché è della serie: si può fare una frittata senza rompere le uova?
A Napoli si può.
La frittata di Scammeri
Scammeri, chi era costui o costei? O cos’era?
a) Scammeri è una industriosa frazione di Ariano Irpino (AV) dove ci fu una moria delle ovaiole che costrinse la gente, in un lungo inverno, a sviluppare una cucina alternativa;
b) Aureliana Scammeri era una antipatica dirimpettaia di mia madre che, rimasta senza uova e non volendo chiederne in prestito, inventò per dispetto la mitica frittata (poi copiata suo malgrado da mia madre);
c) di Skammeri era la mia tata albanese, talmente povera che conosceva solo le capre che, come si sa, non fanno le uova;
d) Ska era il cuoco di bordo di una nave vichinga che, accortosi di aver dimenticato di comprare le uova prima di imbarcarsi, piuttosto che farsi decapitare, ingegnò questo piatto portentoso ma purtroppo gli venne bruciacchiato, allora il prode capitano Eron Kiapp lo fece buttare a mare (insieme alla frittata), rimase nella mitologia norrena in quanto la vedetta dell’albero maestro, vedendolo a bagno gridò: Ska a mer!;
e) Miss Mary Skam era una simpatica e cicciotella dietista del St. Mary Hospital di Oxford impegnata a diffondere i benefici connessi alla dieta mediterranea e amante dei (paesi) latini. Provò grande sconcerto quando, proprio lei, risultò ipercolesterolemica ad un normale controllo del sangue ed allora di necessità fece virtù ottenendo così il suo breve momento di notorietà (presso alcune famiglie napoletane);
f) Altro, specificare.
Ingredienti (per 2 piatti di spaghetti aglio-olio stasera e 4 porzioni di frittata domani)
Vermicelli 500 gr.
Olive nere di Gaeta 200 gr.
Capperi 70-100 gr.
Alici salate 4-5
Peperoncino qb. (ci vuole)
Aglio 2-3 spicchi
Olio evo saporito 6 cucchiai
Prezzemolo
Sale (pochissimo!)
Procediamo ché mi sta venendo fame.
Degli spaghetti aglio e olio esistono infinite varianti, tutte buone, con le noci, con il pan grattato (quello fatto in casa), con i carciofi, con i frutti di mare (of course), con i pomodorini ecc. ecc.!
Insomma almeno un terzo della cucina napoletana parte da questa base.
La ricetta di stasera sta alla Puttanesca come la gricia sta all’amatriciana.
Sciacquate e snocciolate le olive, dissalate i capperi e tritateli insieme a poco prezzemolo.
Mettete 4 cucchiai d’olio in una padella sufficiente a ricevere gli spaghetti al momento giusto.
Soffriggete aglio, alici e peperoncino, quando dorati toglieteli (le alici devono scomparire) e aggiungete il trito.
Portate a cottura in pochi minuti girando con una spatola e mettete da parte qualche cucchiaiata di condimento.
In abbondante acqua (POCO) salata cuocete i vermicelli al dente (io li ho cotti per 9-10’ invece dei 14 riportati sulla confezione, tanto per capirci), scolateli e saltateli brevemente in padella aggiungendo il resto del prezzemolo.
Servitevi, condite con due cucchiai di condimento che avrete messo da parte e mangiate con calma perché l’ansia a tavola fa male.
Conservate in frigo il resto della pasta.
L’indomani: ungete la già nota padella mitilus con i rimanenti due cucchiai di olio, ammassate bene la pasta avanzata, chiudete, sistemate un accrocco a pendenza e cuocete a fuoco dolce, facendo ruotare la padella obliqua sull’accrocco.
Dopo circa 15’ girate e ripetete la rotazione per altri 10. Deve risultare croccante fuori e morbida dentro.
Prima di affettarla aspettate che si raffreddi un po’.
Guten appetit!